Lo Yoga, una volta sbarcato in Occidente, è andato incontro a svariate modifiche ed interpretazioni. Oggigiorno si guarda a questa pratica come si guarderebbe a una pianta, dove a rubare la scena sono le parti al di sopra del suolo: il tronco, i rami, le foglie e i fiori. In questa osservazione, troppo spesso, ci si ferma alla superficie. Non è immediato pensare alle radici, nonostante siano proprio loro a concedere alla pianta di svilupparsi forte e sana, a volte anche in contesti inaspettati e sfavorevoli. Lo stesso accade quando diamo allo yoga il solo credito di essere una pratica per diventare flessibili. Guardiamo il flusso splendido di posture, legate dall’alternarsi del respiro e ci facciamo incantare dall’idea di imparare quest’arte.

Non c’è nulla di strano nel fascino che risiede nel lato fisico di questa disciplina, come non c’è niente di strano nell’attrazione superiore che un fiore esercita rispetto ad una radice, è proprio grazie ai fiori ed al loro essere attraenti che le piante si riproducono e continuano a diffondersi. 

Dopo anni di auto-osservazione e grazie agli insegnanti incontrati nel percorso, ho compreso che la pratica diventa efficace non quando si raggiungono posture estreme, ma quando si riesce ad applicare quel senso di calma e connessione al di fuori del tappetino. Lo yoga in fondo dovrebbe aiutarci a diventare più consapevoli, a creare una mente in grado di affrontare qualsiasi situazione si presenti, senza farci travolgere dagli eventi. Abbracciando una visione della vita più aperta e positiva è inevitabile giungere alla conclusione che esiste una connessione profonda tra ogni cosa presente su questo pianeta.  

Avere una visione completa di questa filosofia millenaria, significa comprendere che la fase passeggera di fioritura è possibile grazie al lavoro costante delle radici e dell’acqua, allo scorrere della linfa attraverso il tronco e rami, alla capacità di assorbimento di luce solare delle foglie. Chi pratica yoga ha la fortuna di vedere in un fiore la bellezza dell’insieme, consapevole della ciclicità degli eventi. 

PERCHè IL NOME AYOGA?

Aver vissuto in prima persona e con ottimi risultati il conflitto tra la mia indole occidentale ed una filosofia orientale, ha fatto sorgere il desiderio di comprendere come approcciare la pratica senza aspettative e come restare al sicuro senza dover rinunciare al divertimento. Questo processo di studio e consapevolezza è la parte più affascinante che mi porta ad esplorare il mio essere ogni giorno; nonché il motore che guida la mia passione nel voler insegnare.

“A” in Sanscrito è un prefisso che si utilizza per dare il valore opposto alla parola che segue (alfa privativo). Come in Ahimsa dove la parola “Himsa - हिंसा - violenza“, assume il significato di “gentilezza”.

Ayoga vuole essere un’interpretazione che va nella direzione opposta all’idea di yoga ormai più diffusa, dove si crea eccessiva tensione, dove si cerca costantemente una sensazione di stretching, dove il respiro toracico e profondo causa stress a livello nervoso e porta ad una fame eccessiva post pratica, dove il corpo è spesso forzato oltre il suo limite e la mente si trova in uno stato di allerta nonché attraversata da mille pensieri.

Gli studi e le esperienze vissute mi hanno condotto ad avere una visione della pratica volta all’ascolto interiore nel momento presente, dove il focus è creare equilibrio a livello fisico, mentale e fisiologico. La sensazione che cerco di trasmettere è quella di una pratica energizzante, che possa portare la mente in uno stato meditativo per la maggior parte del tempo trascorso sul tappetino. Attraverso movimenti fluidi ed attivi si genera calore senza aumentare il battito cardiaco, facendo partire i movimenti dall’addome concediamo al diaframma di funzionare per come è stato naturalmente progettato, dando la possibilità al corpo di respirare in maniera naturale non si disperde e consuma energia inutilmente. Quando si impara a fare tutto questo in maniera istintiva, si acquisisce libertà, la mente trova uno stato di pace e gratitudine che ci permette in primis di condividere informazioni amorevoli al nostro interno e successivamente con chi ci circonda.

Namaste - नमस्ते

“Practice Practice, all is coming” Shri K Pattabhi Jois